Quindici anni in Polonia

Quindici anni passati in Polonia e non sentirli. Un terzo della mia vita volato all'estero in cui è successo di tutto.

Vi racconto la mia storia da emigrato in Polonia.

Partenza dall'Italia

Era il febbraio del 2008 quando caricai i miei averi in macchina dal Nord Italia verso la Polonia

Conoscevo già questo paese, la prima volta la visitai nel 2002 per andare dalla mia compagna poi diventata mia moglie. Da allora ci andai tutti gli anni finché non diventò il luogo fisso di tutte le mie vacanze.

A quel tempo visitai le città principali come Varsavia, Cracovia, Poznań e Danzica. Iniziai a conoscere i luoghi nella natura. La mia cara Babia Góra, Bieszczady, Karkonosze, la Varmia–Masuria e il Mar Baltico. Queste escursioni interrompevano la mia piacevole monotonia del mare, delle spiagge e del beach volley. Mi andava bene.

La mia difficoltà stava nella lingua. Parlavo bene l'inglese ma non bastava, serviva il polacco e la vidi subito come una bella sfida da affrontare. Per cui decisi di cominciare a impararlo. Sarebbe stata una scelta chiave perché la conoscenza di questa astrusa lingua mi avrebbe poi aperto parecchie porte. Solo che a quel tempo non me ne resi conto.

Fui talmente entusiasta della partenza che, nel 2007, decisi di aprire questo sito. Certo a suo tempo non mi sarei aspetto di mantenerlo fino ad oggi.

 

I primi tempi

Mi trasferii a Tychy, una città di media dimensioni nell'Alta Slesia. Palazzoni, fabbriche e un po' troppo grigiume. Eppure non ci facevo caso perché ero focalizzato sulla mia nuova avventura. Fu un bene perché con il tempo avrei scoperto i suoi piaceri nascosti. I parchi dove passeggiare, il lago dove navigare in barca a vela, i percorsi ciclabili, tanti eventi sportivi.

Questo m'insegnò a non curarmi delle apparenze. È vero che il grigio è una tonalità in bianco e nero, ma con un po' d'attenzione si scopre che, al suo interno, si può trovare un po' di colore.

È quello che imparai professionalmente perché in Polonia ho cominciato la mia carriera dirigenziale. Da tecnico diventai dirigente e mantenni queste cariche per dodici anni.

Per questo bisogna ringraziare sia la Polonia che l'Italia. È vero che questo paese che mi ha aperto delle porte importanti che nel mio paese trovai chiuse, ma è vero che ho sempre lavorato per aziende italiane e questo è stato per me un importante valore aggiunto.

 

Gli anni successivi

In Polonia trovai quello che stavo cercando, cioè la possibilità di mettere radici in un posto a me caro. Casa, figli, lavoro. Non certo un sogno da rivoluzionario ma è quello che stavo cercando.

Mi confronto con i bambini e il bilinguismo. I miei figli crescono qua e io devo impegnarmi a trasmettere un po' d'Italia a due bambini nati in un altro paese. Perché anche la mia Italia è giusto che faccia parte della loro vita e loro assorbono con piacere.

La vita scorre preso dall'intensità di una carriera. Ciò mi permise di viaggiare in tutta la Polonia e nei paesi limitrofi, di conoscerli in fondo e di confrontarmi con le varie realtà di questo paese. Mi resi conto di come la realtà raccontata dagli italiani nelle grandi città polacche fosse completamente differente da quella delle zone rurali. Imparai a conoscere la Polonia davvero fino in fondo.

Nel frattempo vedo questo paese cambiare. Si costruiscono strade, ferrovie, c'è il grosso problema dell'inquinamento e s'intraprende subito la via della soluzione. Apprezzo questo aspetto della Polonia. Se ci fosse stato questo problema in Sicilia, si sarebbe protratto per decine d'anni, qui invece si punta subito alla soluzione e i primi risultati si vedono.

 

Gli ultimi cinque anni

Passano i dieci anni e comincia ad arrivare la stanchezza dei difetti di una vita apparentemente perfetta. L'intensità della carriera mi porta al collasso, bisogna scegliere fra famiglia e lavoro. E poi il grigiore del clima. Freddo, neve, ghiaccio, ma soprattutto la cronica mancanza del sole. Comincia a essere troppo.

La mancanza della Sicilia si fa sempre più sentire. Non perché abbia voglia di tornarci ma perché c'è un legame a doppio filo verso quella terra. 

Cambio lavoro, approdo in un'altra azienda, sempre italiana. Non va bene, il collasso è definitivo. Viaggio ininterrottamente in tutta la Polonia, non per godere delle sue bellezze ma per visitare stabilimenti dove producono cose che a me non interessano. Non sono io e decido che è il momento di dare una svolta.

Arriva il Covid, vedo le persone morire come mosche mentre dilaga il negazionismo in Polonia. Dovrei stare vicino all'azienda in un momento di difficoltà, invece decido di stare con i miei figli perché la difficoltà maggiore è loro. Sono costretti a casa dalla pandemia e decido di focalizzarmi sul mio secondo lavoro. Quello del padre.

Così comincia una nuova vita, più complessa ma più gratificante. Quella del libero professionista.

Pubblico il mio primo romanzo "Diavoli di sabbia". Mi appassiono di criptovalute tanto da diventare istruttore presso un'accademia italiana. Collaboro con alcune aziende in Polonia mettendo a disposizione le mie competenze in ambito digitale. Sono contento.

Ma soprattutto, corono un mio nuovo obiettivo, cioè quello di poter lavorare senza un luogo fisso, senza orari e senza dover timbrare cartellini. L'orario non è più un problema per me e nemmeno il luogo. Posso andare in Sicilia per qualche settimana e proseguire la mia attività. Questo è quello che volevo.

 

La Polonia e il futuro

Potrei essermi un po' stancato della Polonia ma la verità è che mi sono innamorato di questo paese. È casa mia e questo non cambierà.

Certo mi si spezza il cuore quando lascio l'Italia dopo un periodo di permanenza, eppure ogni volta sono contento di tornare a casa nella mia Polonia. Ciò non vuol dire che tolleri il freddo e i vari aspetti negativi, ma il mondo perfetto non esiste, potrei cercarlo in altri luoghi ma ci sarà sempre qualcosa che mi farà girare le scatole.

Resterò ancora in Polonia, anche lì ho piantato le mie radici. Ci resterò a lungo ma non mi ci vedo vincolato. Il bello del mio nuovo lavoro come freelance digitale è quello di poter viaggiare e lavorare grazie a un pc e una connessione.

A volte mi chiedono se mi sento polacco. La risposta è un mio fermo NO. Non ho mai voluto la cittadinanza polacca perché sono italiano e mi piace esserlo. Certo la Polonia è la mia casa ma non l'ho mai preferita all'Italia. Il mio temperamento, la mia mentalità, il mio modo di vivere la vita differirà sempre un po' da un popolo che mi ha accolto ma di cui non mi sono mai sentito parte integrante.

Eppure per me va bene, è giusto che ci siano differenze, forse è anche salutare. La conoscenza, il rispetto reciproco, la voglia d'interagire con realtà diverse è un segno di maturità acquisita negli anni. Non mi sono mai sentito migliore né inferiore. Diverso dai polacchi si e, tutto sommato, va bene così.

Comunque, ne riparliamo fra cinque anni.

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